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giovedì 28 gennaio 2010

Monsieur Ibrahim e i Fiori del Corano (2003)


Parigi, anni 1960. Il ragazzo Moise Shmidt (Pierre Boulanger) abita solo con il padre, che non ha per lui nessuna considerazione e anzi in più occasioni gli rinfaccia di essere peggiore del fratello, andato via con la madre di Moise. Moise trova l’affetto del vecchio signor Ibrahim, che gestisce un negozio vicino a casa sua. Dopo il suicidio del padre, Moise verrà adottato da Ibrahim, e comincerà ad apprezzare la religione di Ibrahim e il libro sacro del Corano, fino a seguire il nuovo padre nella sua terra d’origine, la Turchia.
Tratto dal best seller francese di Eric Emmanuelle Shmidt, il film ha un’impostazione letteraria, e segue le vicende dei protagonisti, dando per questo motivo poco spazio agli esterni, soprattutto nella prima parte in cui i personaggi si trovano a Parigi, appena tratteggiata storicamente. Questo puo’ essere giusto anche per rendere la situazione difficile e asfissiante del giovane Moise. In tutti i casi nel film domina essenzialmente la trama, che è molto buona nella prima parte e anche originale, ma dal momento in cui i due protagonisti vanno in Turchia, si ha l’impressione che il film si regga sempre più su clichets ed è soprattutto poco convincente il finale. Peccato, considerate le aspettative che lo spettatore arriva a nutrire nella prima parte del film. Buono il cast degli attori nel suo insieme, pero’ a volte non si capisce cosa dicono gli attori, soprattutto Omar Sharif (il film l’ho visto in lingua originale).
(Fabio)

martedì 26 gennaio 2010

Ossessione (1945)


Considerato il capostipite del neoralismo italiano, Ossessione narra la vicenda di un tradimento da parte di una donna, Clara Calamai, nei confronti di suo marito, Juan de Landa, sposato per sicurezza economica. Giovanna (Calamai) inizia ad avere una relazione torbida ed esasperata, una volta che Gino (Massimo Girotti) arriva come vagabondo allo spaccio dei coniugi, in provincia di Ferrara. La storia in sè è molto forte, sia per le scelte tecniche, sia grazie ai bravissimi attori che con la semplicità di un solo sguardo riescono a far capire in un attimo quello che sta per avvenire. Basta pensare ad una delle scene iniziali del film: Giovanna si trova in cucina, è seduta su un tavolo, a gambe aperte, senza preoccuparsi degli sguardi altrui, decide di fischiettare, annoiata; nel mentre arriva Gino che con molta disinvoltura si appoggia allo stipite della porta: i due si guardando in maniera così intensa e sensuale che già allora lo spettatore può capire quale sarà il seguito. Se pensiamo ad altri film importanti del neoralismo, come ad esempio "Ladri di Biciclette" di De Sica, questo ci apparirà molto diverso: appartengono tutt'e due alla stessa corrente, ma mentre il primo racconta il degrado di un uomo costretto a vagare per Roma alla ricerca della sua bicicletta, unica "ricchezza" nello squallore della sua vita, il secondo ci racconta di una coppia, per quanto piccolo borghese, benestante e senza gravi problemi finanziari. Lo stesso Gino, nonostante si capisca che sia senza una lira, non appare mai sofferente fisicamente o alla disperata ricerca di cibo, come invece capita alla maggior parte dei protagonisti di film neoralisti di quell'epoca. Quello che infatti rende Ossessione una pellicola degna di nota, è la forza espressiva e l'eliminazione di ogni velo di ipocrisia. Giovanna per quanto stia bene economicamente, vive una vita orribile, chiusa, oppressa, monotona: importante infatti la contrapposizione fatta dal regista nel mettere da una parte spazi chiusi, sintomo di oppressione e squallidezza, dall'altra enormi campi e città aperte, rappresentanti la libertà, la via di fuga, l'inizio di una nuova vita.
(Blasco)

domenica 24 gennaio 2010

Ong Bak II - La Nascita del Dragone (2010)


Siamo nella thailandia del secolo XV. Un colpo di stato uccide il comandante Lord Sihadecho(Santisuk Promsiri) e la consorte, mentre il giovane figlio Tien (Tony Jaa) riesce a fuggire. Tien poco dopo sta per seguire la stessa sorte dei genitori quando viene liberato da guerriglieri decisi a ripristinare una parvenza di governo. Il capo di questi, vedendo le potenzialità insite nel piccolo, diventa il suo maestro di vita e di arti marziali, dandogli solide basi su cui fondare la propria vendetta, un piatto che va servito decisamente freddo...
Questa volta è lo stesso Jaa a dirigere il film, forte del successo (non certo dovuto alla profondità del copione)del primo episodio, di cui sembra essere una sorta di prequel. Cambia la storia, ma il succo è lo stesso: a volte ci vuole la forza per risolvere l'altrui ingiustizia. Belle le ambientazioni e spettacolari ovviamente i combattimenti, la trama si presenta leggermente più articolata anche se non sempre logica. E' da apprezzare, infine, questo esempio di cinema orientale, ma limitarsi a guardare il film e non mettere in pratica i "dettami" del regista-protagonista!

State of Play (2009)


Due uomini molto diversi tra di loro, il trasandato giornalista del Washington Globe Cal McAffrey (Russel Crowe) e il politico con un passato di eroe nella Gerra del Golfo Steven Collins (Ben Affleck), sono uniti da una vecchia amicizia e da un comune interesse professionale: la PointCorp, multinazionale che affitta al governo americano i mercenari da usare in Iraq. Collins dirige un'inchiesta governativa sugli affari sporchi del colosso; McAffrey indaga per il suo giornale su alcune misteriose morti avvenute nella capitale, finendo nel giro di giorni a combattere nemici molto potenti col solo aiuto dell'affascinante Delia (Rachel McAdams), blogger di redazione.
State of Play è stato adattato da un'ottima miniserie inglese (che speriamo il tam tam diffonda ora in Italia) e sfrutta bene il materiale di partenza, fornendo due ore di intrattenimento serrato e intelligente: due attributi che la media dei thriller hollywoodiani non riescono proprio a far combaciare. Merito di una sceneggiatura che fonde i molti snodi della storia in modo funzionale, riflettendo in modo non scontato sulla necessità per le generazioni di giornalisti di aiutarsi tramandare la loro missione civile, sempre più disprezzata; e di tre attori che ormai davamo per "bolliti" dopo una marea di scadenti blockbuster: Crowe ottimo nonostante l'arrivo all'ultimo minuto, McAdams una giornalista seria (altro che Lois Lane) e Affleck sorprendente.
Finalmente si può dire che la mania americana di rubare/adattare ha dato buoni frutti.
(Blasco)

giovedì 21 gennaio 2010

Il Gabinetto del Dottor Caligari (1920)


Un film muto. é incredibile, se pensiamo quanti pregiudizi esistono sui film muti. C'è chi non li guarda perchè "vecchi", e chi dice che tanto sono troppo "noiosi". Eppure questo film ha fatto la storia, per lo meno quella cinematografica. Film simbolo della corrente Espressionista, meglio nota nella pittura, the cabinet of Dr Caligari rappresenta un'intera generazione tedesca stufa e disillusa, dopo che la classe dirigente, a causa della guerra, aveva portato il Paese nel baratro più profondo sia economicamente che psicologicamente. Certo i tempo duri del secondo dopo guerra dovevano ancora arrivare, ma già allora (anni 20 inizio anni 30) non si scherzava tra debito pubblico e inflazione galoppante. Carl Mayer e janowitz ideatori della trama del film, vollero delineare con geniali metafore due figure fondamentali: il popolo oppresso e il potere, pieno della propria superiorità violando ogni diritto umano e libertà. Come avrete già capito la trama è molto attuale. Nel dettaglio la storia si articola in un paesino della Germania dove un imbonitore, durante una fiera, mostra un grande prodigio: un ragazzo che dorme da più di 20 anni,con l'incredibile capacità di svelare il futuro delle persone. Due uomini, che stanno assistendo alla presentazione, decidono di metterlo alla prova: uno di loro chiede quando muorirà e il ragazzo, nonostante sia ad occhi chiusi, risponde "domani". In effetti l'uomo muore e si parte così alla ricerca dell'assasino, fino a che non scopriamo che è lo stesso imbonitore che commissiona gli omicidi al povero ragazzo incosciente, ipnotizzato nel sonno. In conclusione abbiamo giustizia: il mandante viene catturato, anche per il fatto che si scopre che non solo è un criminale ma è anche un pazzo fuori di testa. Il potere assoluto, demagogico e incurante del bisogno del popolo viene quindi definitivamente messo a tacere. Tutto bene fin qui, peccato che nella realtà questa trama non abbia mai trovato la luce in quanto il regista a cui la UFA ( la casa di produzione cinematografica tedesca più importante all'epoca) affido la sceneggiatura a Robert Wiene: direttore che una volta avuto in mano l'intero soggetto ebbe la magnifica idea di ribaltare il tutto; alla fine del film infatti scopriamo che il ragazzo rimasto vivo (il quale nel frattempo aveva cercato in tutti i modo di scoprire cosa era successo all'amico) non è altro che un pazzo rinchiuso in manicomio che si diverte nel tempo libero a raccontare storie poco probabili.Infine come se tutto questo non bastasse scopriamo anche che l'imbonitore non è altro che il medico del manicomio che ha in cura il povero malato. Una volta ancora è il potere ha comandare.Nonostante tutto questo, il film ha serbato comunque qualcosa di molto prezioso: la propria scenografia, quella originale. Uno spazio del tutto inesistente fatto di spigoli, guglie, montagne acuminate da far paura, ombre e angoli acuti dappertutto. Uno spettacolo che non poteva essere realizzato se non in bianco in nero. Tutto questo non solo riesce a cominicare l'angoscia e la disperazione di quei tempi, ma anche uno spirito nuovo, rivoluzionario, che non voleva altro che troncare ciò che i padri gli avevano insegnato.
(Serena)

domenica 17 gennaio 2010

Avatar


Jake Sully (Sam Worthington) è un marine che ha perso l'uso delle gambe e viene scelto per una missione sul pianeta Pandora in sostituzione del fratello neodeceduto: egli dovrà vestire i panni di un indigeno locale, un Na'vi, e guadagnatosi la fiducia dei nativi convincerli ad abbandonare il gigantesco albero dove sorge il loro villaggio, sotto il quale si trova il più grande giacimento del costoso minerale, vero motivo della presenza umana su Pandora. Il giovane, però, scoprirà un mondo variopinto e affascinante al punto da obbligarlo a scegliere se difendere la terra dei Na'vi o contribuire a raderla al suolo...
Torna il grande regista James Cameron, che ricordiamo come autore di Titanic e Terminator, questa volta cimentandosi con quella che racconta a Wired è stata la sfida della sua vita: battere George Lucas! Si lascia allo spettatore il verdetto, ma possiamo sicuramente affermare che è una lotta tra titani: il mondo di Pandora è ricco e variopinto, descritto fin nei minimi dettagli dalle più avanzate tecniche di animazione, reso reale dall'uso del 3D e da una sceneggiatura, checchè ne dica la solita critica di circostanza, non banale arricchito, come nella saga del rivale, di un linguaggio inventato per l'occasione! Un vero capolavoro!

domenica 10 gennaio 2010

Buddy Buddy (1981)



Trabucco (Walter Matthau) è un killer professionista, incaricato di uccidere tre testimoni di un importante processo di corruzione: riesce a uccidere i primi due, ma per il terzo la protezione della polizia si scatena, l’unica possibilità è ucciderlo con un fucile da cecchino dall’albergo adiacente al tribunale dove la futura vittima è chiamata a testimoniare. La sua quindi è una corsa contro il tempo e purtroppo Trabucco non ha tenuto conto del fattore vicini invadenti e rompiballe: accanto alla sua camera, infatti, risiede un aspirante suicida, Victor Clooney(Jack Lemmon) che, lasciato dalla moglie (Paola Prentiss), decide di farla finita con la vita. I suoi tentativi maldestri spingono a Trabucco a cercare di salvarlo, perché ciò non interferisca con il suo obiettivo, ma scoprirà che è molto più difficile liberarsi di Victor, che non fare il killer…
L’ultimo film del grande regista Billy Wilder, è una buona commedia che regge il confronto con i suoi film precedenti: buon ritmo dettato anche dalla colonna sonora di Shifrin, buona le recitazione dei due protagonisti, un po’ meno quella degli attori, come la moglie di Clooney, e il suo amante, probabilmente dovuto anche ad un cattivo doppiaggio. Infatti risulta un po’ debole il momento centrale del film, in cui Trabucco per liberarsi di Victor, lo accompagna alla clinica dove si trova la moglie, una clinica del sesso guidata dall’amante, il dottor Hugo Zuckerbrot. Ma il resto del film riesce a sopperire e strappa delle risate, se non altro ci si affeziona ai personaggi di Trabucco e di Victor. Buon film per una serata tranquilla da commedia.

(Fabio)

sabato 9 gennaio 2010

La Nona Porta (1999)


Nel suo campo, Dean Corso (Johnny Depp) è il migliore: tutti i collezionisti più fanatici di libri si rivolgono a lui per il ritrovamento di libri molto rari e pregiati, nonostante la sua proverbiale mancanza di scrupoli. Uno di questi collezionisti, Boris Balkan (Frank Langella), vuole a tutti i costi avere in suo possesso le tre copie restanti di un libro diabolico, “Le nove porte del regno delle ombre”, scritto da un satanista, Aristide Torchia, pare in collaborazione con lo stesso Lucifero: questo libro nasconderebbe degli indizi per evocare il principe degli inferi, cosa a cui Balkan è molto interessato. Non appena Dean inizia la ricerca, però, comincia una serie di morti per chiunque si trova in possesso di questi tre libri: lo stesso Dean si salva solo grazie ai vari interventi di una donna misteriosa (Emmanuelle Seigner), che lo segue nelle sue ricerche…

Per gli amanti di Polanski, senza dubbio è un film da non perdere: il regista mette in scena un film molto bello dal punto di vista formale, donandogli un’atmosfera molto giusta, dal punto di vista delle inquadrature, degli ambienti in cui domina non certo per caso il colore rosso, dal ritmo della colonna sonora angosciante. La trama costruita abbastanza bene, scorre, nonostante alcuni punti forse prevedibili, in cui il genere thriller esce allo scoperto nei suoi clichets: si può a volte indovinare cosa succede, e questo non gioca molto a suo favore. Ma per gli amanti del genere il film è sicuramente da visionare, e soprattutto è immancabile l’ottima performance di Johnny Depp e Frank Langella!

(Fabio)

mercoledì 6 gennaio 2010

Crank 2 High Voltage (nelle sale italiane da 21/08/ 2010)


Ritorna l'ipo-surrenalico e scalmanato killer Chev Chelios (Jason Statham) questa volta alle prese con il boss messicano noto come El Hurron (il furetto), il quale dopo che Chev, alla conclusione del primo Crank, era volato giù da un elicottero uccidendo (nella caduta) l'odiato Verona, ne ha raccolto il corpo privo di sensi e ha pensato bene di sostituirne il cuore con uno artificiale... a carica elettrica; ben presto il meccanismo di ricarica automatica si rompe costringendo lo sfortunato killer a cercare in qualunque modo fonti d'elettricità ad alto voltaggio e parallelamente il malavitoso messicano che gli ha rubato letteralmente il cuore...
Se il primo era adrenalinico nel vero senso della parola, un film-videogioco, High Voltage è frenetico e quasi tarantinesco, una specie di miscuglio Pulp Fiction e Dal Tramonto all'Alba in avanti-veloce, più violento e ritmico, si prende il fiato nei primi minuti e lo si butta fuori soltanto ai titoli di coda. Da Tarantino, infatti, riprende appunto il gusto per l'insensato e il violento, ma aggiunge una riscrizione completa del concetto di action-movie, da cui non si può certo pretendere una trama logica! Veramente ben fatto!

lunedì 4 gennaio 2010

Get Rich or Die Tryin' (2005)


Jim Sheridan firma la regia della biografia del giovane rapper Curtis Jackson, in "arte" 50 Cent, e, non ritenendo nessuno all'altezza di ricevere l'onore-onere di interpretarlo, affida a Curtis stesso il ruolo di attore protagonista.
Il film narra, ovviamente da una prospettiva poco disincantata e quasi vittimistica, le vicende che hanno portato Curtis (qui Marcus Greer) a divenire l'uomo trascorso e saggio che è ora, a partire dall'infanzia, tra le strade e lo spaccio di droga, e passando per l'attentato che gli ha fatto guadagnare ben 9 pallottole in corpo, ma che lo ha rinnovato anche nello spirito.
Tuttavia, pur con un colorito e abbastanza limitato copione, tra i numerosi "fuck" e "shit", il film non è poi così banale come ci si aspetterebbe dal titolo (in realtà tratto dal suo primo album), considerando che è il primo lavoro del rapper afroamericano, noto ma anche apprezzato per i poco originali videoclip musicali in cui fa sfoggio della propria (notevole) muscolatura e delle proprie (altrettanto notevoli) conoscenze a colpi di rime e hip-pop.
In realtà è già successo con 8Mile, con una sorta di razzismo inverso di un bianco discriminato da neri, ma qui ci si trova davanti a qualcosa di nettamente diverso e meno melenso, una sorta di action-biografia epinefrinica, che fa impallidire ancora di più il già cereo viso del mentore Eminem. Buona visione!

sabato 2 gennaio 2010

Hardware (1990)


Per tutti gli amanti del cyberpunk vecchia maniera, cioè quel filone fantascientifico a base di robot, realtà virtuale e innesti elettronici nella fragile carne umana, ecco una pellicola da recuperare via internet su dvd inglese. Trattasi di un cult movie britannico a basso budget ed alto tasso di inventività visiva, esordio di un regista che all'inizio degli anni Novanta si stava muovendo dalla regia di videoclip (memorabili quelli per i Fields of the Nephilim, storica band gothic rock d'Albione) alla realizzazione di lungometraggi politico-fantasy: dopo il debutto, l'apartheid-horror "Dust Devil" e poi.. appena la preproduzione di un adattamento de "L'Isola del Dottor Moreau", sottratto dalle sue mani dai finanziatori dopo quattro giorni di riprese e consegnato al mestierante John Frankenheimer; il risultato è l'ononimo pasticcio con Marlon Brando e Val Kilmer. Comunque, lo sfortunato e talentuoso regista sta mettendo insieme i fondi per un "Hardware 2" prossimamente in arrivo, e allora giustizia sarà fatta.
Intanto ripercorriamo il capostipite in tutta la sua datata gloria vintage: la storia è quella del Mark 13, sofisticato robot da combattimento figlio di un futuro dove la Terra si rosola nell'Apocalisse di una guerra perenne. L'androide giace sparpagliato in mille pezzi nel deserto del Mojave, finché un nomade non lo trova e porta alla città-stato più vicina; comprato da un soldato di passaggio come regalo per la fidanzata scultrice, la macchina scomposta si ridesta e autoassembla nell'appartamento della medesima, iniziando un gioco di gatto e topo dalle conseguenze mortali.
Sulla trama minimale poco da dire, ciò che colpisce è soprattutto il look del film: se i produttori del primo "Terminator" ne avessero affidato la regia a Dario Argento anziché James Cameron, questo sarebbe il risultato; un fantahorror decadente ed europeo, dai colori sgargianti e dalla morale beffarda e disillusa, in luogo della fotografia geometrica e dell'umanesimo ottimista dell'americano Jim. In questo universo, dove sono gli umani la prima minaccia alla loro stessa esistenza, l'ironia macabra abbonda e le divagazioni dalla storia principale si fanno insistenti se non fastidiose. In ogni caso ciò che appunto difetta alla storia è abbondantemente superato nel compartimento visivo (effetti speciali mal invecchiati a parte) e nei cospicui riferimenti alla cultura industrial degli anni Ottanta: sullo schermo tv della protagonista scorrono frammenti di propaganda della setta misterica Psychic Youth del cantante Genesis P.Orridge; Lemmy dei MotorHead e Iggy Pop fulminano con apparizioni brevi e calzanti; la bella colonna sonora incorpora Ministry e P.I.L. Insomma, materiale di prima scelta per qualsiasi fan del genere. E per i registi alle prime armi in cerca di un esempio su come intrattenere con pochi quattrini.

Blasco