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martedì 26 gennaio 2010

Ossessione (1945)


Considerato il capostipite del neoralismo italiano, Ossessione narra la vicenda di un tradimento da parte di una donna, Clara Calamai, nei confronti di suo marito, Juan de Landa, sposato per sicurezza economica. Giovanna (Calamai) inizia ad avere una relazione torbida ed esasperata, una volta che Gino (Massimo Girotti) arriva come vagabondo allo spaccio dei coniugi, in provincia di Ferrara. La storia in sè è molto forte, sia per le scelte tecniche, sia grazie ai bravissimi attori che con la semplicità di un solo sguardo riescono a far capire in un attimo quello che sta per avvenire. Basta pensare ad una delle scene iniziali del film: Giovanna si trova in cucina, è seduta su un tavolo, a gambe aperte, senza preoccuparsi degli sguardi altrui, decide di fischiettare, annoiata; nel mentre arriva Gino che con molta disinvoltura si appoggia allo stipite della porta: i due si guardando in maniera così intensa e sensuale che già allora lo spettatore può capire quale sarà il seguito. Se pensiamo ad altri film importanti del neoralismo, come ad esempio "Ladri di Biciclette" di De Sica, questo ci apparirà molto diverso: appartengono tutt'e due alla stessa corrente, ma mentre il primo racconta il degrado di un uomo costretto a vagare per Roma alla ricerca della sua bicicletta, unica "ricchezza" nello squallore della sua vita, il secondo ci racconta di una coppia, per quanto piccolo borghese, benestante e senza gravi problemi finanziari. Lo stesso Gino, nonostante si capisca che sia senza una lira, non appare mai sofferente fisicamente o alla disperata ricerca di cibo, come invece capita alla maggior parte dei protagonisti di film neoralisti di quell'epoca. Quello che infatti rende Ossessione una pellicola degna di nota, è la forza espressiva e l'eliminazione di ogni velo di ipocrisia. Giovanna per quanto stia bene economicamente, vive una vita orribile, chiusa, oppressa, monotona: importante infatti la contrapposizione fatta dal regista nel mettere da una parte spazi chiusi, sintomo di oppressione e squallidezza, dall'altra enormi campi e città aperte, rappresentanti la libertà, la via di fuga, l'inizio di una nuova vita.
(Blasco)